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Prima ancora di amare Dio, prima ancora di amare il prossimo, bisogna cercare di vivere nella luce di Dio. Che cosa dice san Giovanni nel Vangelo e ripete anche nella Prima Lettera? «Chi cammina nelle tenebre non sa dove va». Se noi non viviamo nella luce di Dio non possiamo dire nemmeno di amare, non sappiamo nemmeno se il nostro amore è vero, se è veramente un amore che ci avvicina a Dio oppure un amore che ci allontana da Lui. Per essere sicuri di quello che è la nostra vita intima noi non possiamo far altro che vivere nella luce, cioè mantenerci di fronte a Dio. È quello che dicevano i primi cristiani.

Sapete, i primi cristiani non erano molto favorevoli all’esame di coscienza. L’esame di coscienza per loro era mettersi davanti a Dio e vedersi nella luce di Dio. Perché fintanto che tu ti guardi soltanto, senza metterti di fronte al Signore, ti sembrerà di essere buono, ti sembrerà di fare tante cose, ti sembrerà che tu non abbia più nulla da fare (in fondo che cosa posso fare di meglio?), perché chi non si pone di fronte a Dio non vede se stesso. Per conoscere noi stessi dobbiamo conoscere Dio, è soltanto la luce divina che manifesta a noi quello che realmente siamo. Di qui l’importanza per noi di vivere in questa presenza di luce, in questa presenza di un Dio tutto santo.

Ci sentiamo noi di vivere davvero come ha vissuto Gesù? Di avere i sentimenti stessi del suo cuore divino? Davvero noi siamo umili come Lui? Davvero come Lui viviamo la volontà di Dio e possiamo dire che il nostro cibo è la sua volontà? Davvero come Lui viviamo questo amore anche per i nemici così da chiedere la loro salvezza: «Perdona loro perché non sanno cosa fanno» (Lc 23, 34)?

Nei confronti di Gesù, ecco, ci appare quello che siamo. Ci sembra di essere molto lontani dall’aver realizzato, anche minimamente, quelle che sono state le virtù del suo cuore divino e i sentimenti più profondi della sua anima; ma è proprio nel vivere in questa luce che noi sentiamo che cosa il Signore ci chiede, e allora ci sforziamo di vivere un po’ meglio, un po’ più secondo questi sentimenti. E tuttavia quanto più ci avviciniamo, tanto più sentiamo la lontananza, perché si tratta di una santità infinita, e noi siamo vicini a Dio nella misura che realizziamo questa distanza infinita. Ecco perché quando uno è santo si sente il più grande dei peccatori. Non è una menzogna; è che l’infinita santità di Dio ci trascende sempre infinitamente. Noi non possiamo, camminando, avvicinarci ad una meta infinita; ci avviciniamo nella misura che sentiamo quanto siamo distanti, che sentiamo quanto è infinitamente lontana da noi la santità che noi contempliamo in Dio stesso.

Voi capite di qui quanto sia drammatica l’esperienza cristiana; implica uno sforzo continuo, nella fiducia assoluta della grazia, ma col sentimento sempre più vivo e drammatico della nostra povertà e della nostra miseria. Chi si sente peccatore non è lontano da Dio; è chi si sente sano che non lo conosce! Se tu sei soddisfatto di te, vuol dire che ormai Dio si è nascosto al tuo sguardo. Di notte siamo tutti belli perché non ci si vede, ci vuole la luce del sole per scoprire quello che siamo; così è nella luce di Dio che possiamo conoscerci davvero. Se non ci mettiamo in questa luce ci sembrerà di essere a posto, ma in realtà non ci conosciamo più perché non conosciamo Lui: è la sua luce che ci fa conoscere quello che siamo… che ci fa comprendere quanto da Lui siamo lontani, quanto ancora siamo peccatori, quanto ancora siano grandi e numerose le infedeltà che commettiamo tutti i giorni.

Ritiro a Biella del 28.12.1988