Che cosa vuol dire vivere la Quaresima? Non solo vivere l’ascolto della Parola di Dio, ma vivere anche la preghiera, l’aspirazione a Lui. Non dovete tanto moltiplicare le vostre formule, ma dovete far in modo che la vostra aspirazione a Dio sia continua e viva.
Non avete bisogno di moltiplicare le parole. Tante volte, moltiplicando le parole, si vive meno intensamente l’atto del nostro dono a Dio. Anche nell’amore: tanto più è profondo, tanto più è silenzioso, tanto più tende al silenzio. Così è Dio: sentire che tutta la nostra vita è questo continuo trasporto che ci muove incontro a Lui. Siete stati mai fidanzati? Quando eri fidanzato, eri come ossessionato dalla presenza di lei nella tua vita; tutta la tua vita era naturalmente ordinata a colei che tu amavi e lei che ti amava era ordinata a te. L’amore ci ordina. Ebbene, noi una volta che abbiamo ascoltato Dio, diventiamo parola, aspirazione a Lui, trasporto di tutto l’essere a Lui, con tutte le nostre potenze tendiamo a Lui: nei nostri sentimenti interiori, nella nostra intelligenza che lo vuole conoscere, nella nostra volontà che lo ama, in tutto l’essere nostro che si eleva sempre più verso il Signore.
Noi dobbiamo vivere in questa Quaresima una preghiera più viva e continua. Guardate che non si tratta tanto di dire più preghiere, quanto di vivere più intensamente le preghiere che fate. I primi cristiani – secondo la Didaché – dicevano soltanto tre Pater Noster al giorno, ma li dicevano bene (…).
S’impongono poi altre cose: la penitenza, la mortificazione, il digiuno. Che cosa sono questo digiuno, questa penitenza, questa mortificazione? È liberarci dalle passioni che ancora tiranneggiano la nostra anima e ci impediscono l’ascolto e la preghiera. Fintanto che noi siamo schiavi di noi stessi, schiavi delle nostre passioni, non siamo disponibili a Dio. Di qui l’importanza che ha il tempo della Quaresima per operare questo distacco. Ora la penitenza, la mortificazione più grave, non è tanto la mortificazione corporale, quanto la mortificazione dello spirito. Che cosa chiedo come mortificazione dello spirito? Non alimentate il vostro spirito di curiosità e di superficialità.
Non dovete moltiplicare le vostre opere, tanto meno moltiplicare tutto quello che fate per sottrarvi a questa Presenza. Letture frivole, televisione… è impossibile arrivare ad essere anime di preghiera, anime di ascolto, se perdete molto tempo nel guardare delle cose che hanno maggiore presa su di noi delle semplici letture. Le immagini hanno maggiore efficacia d’imprimersi nella nostra fantasia, nella nostra immaginazione di quello che può essere una semplice lettura. Ecco allora che si vive soltanto di riflesso: quello che abbiamo immagazzinato con dei rapporti frivoli, con delle letture più o meno leggere, con lo stare alla televisione senza motivo. Dovete naturalmente conoscere quello che avviene nel mondo, ma, quando in questa Quaresima voi aveste aperto le televisione per vedere il telegiornale, può bastare. Questo è il digiuno vero che il Signore vi chiede. È molto meno importante il digiuno corporale del digiuno dello spirito. Diceva uno dei più grandi maestri della spiritualità italiana, Battista da Crema (1460-1534), che una delle cose che maggiormente danneggiano la vita spirituale è la curiosità, è lo spirito che divaga qua e là e non si raccoglie mai in Dio. Ora noi viviamo proprio questa curiosità: spesso siamo portati via da questa curiosità che minaccia l’integrità e la unità nella nostra vita interiore.
(…) Allora, prima di tutto, vi raccomando il digiuno dello spirito. Non divagate, non cercate dei motivi per passare il tempo, come si dice. Oltre tutto il tempo passa lo stesso. Perciò non si tratta di passare il tempo: ci pensa il tempo da sé a passare. Voi invece dovete mantenervi fermi davanti al Signore. Per quanto è possibile, raccogliete la vostra vita in questo ascolto di Dio. L’ascolto di Dio è la maggiore penitenza perché il nostro spirito, così superficiale e distratto, vorrebbe sempre qualche cosa di nuovo che lo arricchisca. In realtà invece non lo arricchisce: lo impoverisce.
Ritiro a Merano del 3 marzo 1985