Ecco, voi vivete nel mondo, nessuno di voi vive una vita di pura contemplazione separati dal mondo; anzi direi che questa è una concezione di vita più greca che cristiana. La vita cristiana non è né attiva né contemplativa: è la vita cristiana. È precisamente quello che è il Cristianesimo stesso: un calarsi di Dio nella tenebra del mondo, nella povertà degli uomini. Questo noi dobbiamo vivere. Ma questo scendere in mezzo agli uomini deve dare a noi sempre questa consapevolezza di essere veramente discesi dal cielo, perché prima che noi siamo mandati, dobbiamo essere una sola cosa con Lui. «Li chiamò perché stessero con Lui e li mandò» (Mc 3, 14). Li chiamò perché stessero con Lui, poi li mandò: non poteva mandarli se erano già in mezzo al mondo; prima li ha presi con Sé. E noi dobbiamo prima di tutto avere la consapevolezza di essere una cosa sola con Lui, per essere poi mandati al mondo nella missione che è propria del nostro sacerdozio, sia laicale, sia ministeriale.

Siamo tutti separati dal mondo e tutti dobbiamo entrare nel mondo, tutti. La vita contemplativa pura, come tante volte si è espressa anche nella spiritualità cristiana, non è cristiana. Il Cristianesimo vero non conosce né vita attiva né vita contemplativa, conosce la vita cristiana che è un’altra cosa, che cioè è assieme la vita contemplativa più alta e la donazione più piena ai fratelli. Questo dobbiamo vivere. D’altra parte non si potrà mai vivere questa donazione totale di noi stessi ai fratelli se prima non siamo mandati, se cioè non abbiamo vissuto quest’unione perfetta con Dio. D’altra parte, anche se voi date la vostra vita per i fratelli, non vale nulla il vostro dono se non è insieme uno col dono di Cristo. Ricordatevelo! Non crediate all’efficacia delle vostre opere: sono tutte gravi illusioni. Si crede all’efficacia delle nostre azioni, al successo, ma se si dovesse credere a questo dovremmo restituire la tessera di cristiano, perché il successo di Nostro Signore è stato piuttosto misero: è morto sulla Croce! E tuttavia è proprio da quella morte che è dipesa la salvezza degli uomini. Le nostre opere valgono soltanto se noi le viviamo nel Cristo, se è il Cristo che opera in noi. Quello che vale è la carità di Cristo. Se tu dai il tuo corpo alle fiamme e non hai la carità, che cosa vale? Se tu dai tutti i tuoi beni ai poveri e non hai la carità, che cosa conta (cf. 1Cor 13, 3)?

Quello che conta è il Cristo che vive in noi. Solo il Cristo è il Salvatore, solo nel Cristo è la salvezza.

Ritiro a Firenze del 19 marzo 1989