Vivere l’unione con Dio nella comunione di tutti i santi vuol dire essere come la lente che raccoglie tutta la luce del sole. Siamo una lente piccina davvero, se ci misuriamo con l’universo, ma siamo una lente che deve raccogliere tutta la luce; così anche nel cuore dell’uomo tutto il mondo deve farsi presente. Ecco il nostro impegno: vivere nella Chiesa ed essere la Chiesa nella misura che egli, essendo lo Sposo, mi comunica tutto se stesso (…).
Forse finora vivere una spiritualità ecclesiale voleva dire per voi soltanto fare il catechismo o spazzare la chiesa. La nostra carità non deve escludere nulla, però l’atto umile, semplice, che ci può essere chiesto, deve essere segno di una carità universale, che testimonia una purezza, una pienezza di amore che ci fa uno con tutti, che fa tutti uno con noi (…).
Quante anime mi hanno detto: «Ma io faccio a meno dei santi, vado diretto a Dio». Forse Dio si fa trovare al di fuori di questa carità universale che tutto abbraccia, forse l’esperienza tua di Dio può essere più grande, più vasta, più profonda di quella di una santa Teresa, di quella di un sant’Agostino? Chi pretendi di essere? Dio ha comunicato alle anime tanta ricchezza di vita perché tu possa riceverla da loro, perché i santi posseggono il dono di Dio per donarlo, per comunicarlo a te che sei più che un fratello, al quale essi tutto debbono dare nella loro carità. Io debbo donare tutto, ma debbo anche saper ricevere tutto.
È significativo che nella spiritualità monastica, più ortodossa delle spiritualità moderne troppo legate alla psicologia, uno dei doveri fondamentali della vita religiosa fosse la lectio divina che non è soltanto la lettura della Sacra Scrittura, ma anche dei libri di tutta la tradizione monastica e teologica: i Padri della Chiesa, i monaci. San Tommaso ogni giorno leggeva in ginocchio una conferenza di Cassiano. Egli era certo più grande di Cassiano, eppure si sentiva debitore a lui e a tutti coloro che l’avevano preceduto. Conosceva i filosofi ebraici – Maimonide -, quelli arabi -Averroè, Avicenna -, conosceva i monaci e la loro teologia, conosceva i Padri. Egli possedeva nel cuore tutta la tradizione e ne era il testimone perché egli aveva assimilato, assunto ogni valore di cultura, di conoscenza di Dio. Egli è divenuto il più grande Dottore della Chiesa non con un’esperienza individuale di Dio, ma in un dilatarsi della sua anima ad abbracciare ogni cosa. Così egli ha vissuto un’altra grande, profonda, vasta conoscenza del mistero di Dio.
(…) Vivere il mistero della Chiesa vuol dire aprirci ad accogliere tutti e vivere sempre più la vita dell’universo. Tutta la tradizione deve in qualche modo coagularsi e farsi presente in ciascuno di noi; essa non consiste nei libri, che sono roba morta, ma è una corrente di vita che giunge fino a me attraverso tutti i rivoli; la teologia orientale, la teologia occidentale, la teologia francescana, la teologia domenicana, la santità di Teresa, la santità di Francesco. Tutto confluisce e si fa presente in me. La tradizione è la trasmissione della vita e avviene nella tradizione ecclesiale come nella vita naturale: attraverso tutte le generazioni ciascuno di noi è l’ultimo frutto. E questo avviene anche nella Chiesa cattolica; la vita procede, di generazione in generazione passa a coloro che vengono. Io debbo sentirmi impegnato a raccogliere tutta questa vita in me per comunicarla poi alle generazioni che verranno.
Cerchiamo allora di dilatare davvero il nostro cuore e di accettare la fatica immensa che ci vuole per vivere la vita cristiana nella consapevolezza, nella coscienza di non poter escludere nulla e nessuno, per identificare la nostra vita a tutta la Chiesa, a tutta la creazione, a tutta la storia del mondo. Gli etruschi, gli egiziani, gli assiro-babilonesi, gli ittiti, vogliono che tutti vivano in me; se nessuno li pensa, essi sono morti due volte. Devono risuscitare e vivere in me. Lo spirito umano è una lente che raccoglie la luce di tutti i secoli e di tutto l’universo; una piccola lente, ma in essa tutta la luce diviene un raggio solo.
Esercizi spirituali del 25-29 giugno 1986 a Paestum (SA)