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Meditazione sulla preghiera a Gesù (1994), pp. 17-20

Bisogna evitare i malintesi quando si parla di preghiera continua. Si dice che è preghiera il lavoro, che è preghiera la sofferenza, si dice anche che è preghiera lo studio: invece, né il lavoro è preghiera, né la sofferenza è preghiera, né lo studio è preghiera. Solo la preghiera è preghiera, niente altro. Di per sé la sofferenza è sofferenza, lo studio è lo studio, il lavoro è lavoro, come anche la preghiera è preghiera – non vi sarebbero due nomi a definire la medesima cosa. Due nomi definiscono due cose diverse: se lavoro e preghiera, sofferenza e preghiera, studio e preghiera fossero la medesima cosa, non avrebbero nomi diversi.

Come, dunque, vivere una preghiera continua? Pregare è vivere un rapporto con Dio: l’anima deve vivere questo rapporto. Come lo vivrà? Nemmeno la preghiera è preghiera se noi crediamo che essa consista nella recita di una formula; la preghiera è invece un atto che precisamente stabilisce un rapporto con Dio e fa sì che l’uomo inizi un colloquio, un movimento di amore, viva con Dio una sua unione.

(…) La continua preghiera è il contrario che fare continue preghiere. La moltiplicazione di una formula piuttosto che realizzare la continua preghiera sembra renderla impossibile, perché la continua preghiera vuol essere non moltiplicazione di atti ma stato di unità, di semplicità, di purezza. E tuttavia è solo attraverso la moltiplicazione di atti che fissano lo spirito in un solo contenuto intelligibile, che diviene possibile la preghiera pura.

È certo che tutto questo si realizza nel modo più cosciente e più puro con la preghiera comunemente detta, che importa una parola che è atto di amore, di umiltà, di abbandono, che importa una parola che include l’atto di fede, di speranza, di carità; ma non è detto che anche un atto che immediatamente non si traduca in parola non debba stabilire un rapporto, una unione. Non sempre è necessaria la parola a stabilire l’unione; anche il silenzio stabilisce l’unione quando l’amore è profondo. Può essere un atto. Per esempio: io incontro una persona che da tanto tempo non vedo: le stringo la mano, non parlo – lo stringere la mano stabilisce un contatto, rafferma e ravviva un rapporto di amicizia, di affetto, di stima… stabilisco una unione con questa persona.

Così, il mio rapporto con Dio lo vivo attraverso la parola, posso viverlo attraverso il silenzio, attraverso atti esteriori. Anche quel silenzio, quegli atti sono preghiera se stabiliscono questo rapporto; al contrario, io posso dire il rosario senza pregare, se il rosario non mi mette in rapporto con Dio. Una mamma che soffre vicino al letto del suo bambino malato vive un rapporto col suo bambino mediante appunto la sua sofferenza, attraverso l’occhio che lo contempla; il rapporto può essere stabilito anche dal contatto della manina che la mamma si stringe al cuore, anche quando la mamma sia lontana e non abbia altro rapporto col bambino che quello della sofferenza di saperlo lontano, di non poterlo vedere, non saper più nulla di lui. È in questa sofferenza che il rapporto esiste: la sofferenza è allora veramente il mezzo onde essa vive il rapporto col figlio.

Così è in rapporto il padre col suo figliuolo quando lavora per lui, quando fatica, quando suda per ottenere i mezzi per mandare avanti i suoi studi, per poterlo educare, nutrire: il lavoro del padre è un atto onde il padre vive il suo rapporto col figlio. Non lo vive chiacchierando tutto il giorno col figliuolo, ma lavorando per lui. Noi possiamo soffrire e pregare, se la sofferenza ci mette in rapporto con Dio; possiamo lavorare e pregare se il lavoro ci mette in rapporto con Dio. È preghiera l’atto che pone l’uomo in rapporto con Dio, che stabilisce questo rapporto e lo rende sempre più intimo e stretto.

Di per sé, possiamo dire, neppure la preghiera è preghiera – cioè la preghiera in quanto è recitazione di una formula, atto particolare di pietà -, preghiera sarà soltanto quell’atto umano che è espressione di fede, di speranza, di carità, onde l’anima si abbandona, si affida e confida, onde l’anima desidera il suo Dio e a Lui si protende, a Lui si unisce, lo abbraccia e lo ama.

Questa è preghiera.