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Mons. Gastone Simoni

Omelia nell’anniversario dell’ordinazione sacerdotale di don Divo Barsotti (18 luglio 1937)

Parrocchia di Santa Maria a Settignano, 18 luglio 2020

[Letture del giorno: Mi 2, 1-5; Sal 9; Mt  12, 14-21]

Fratelli e sorelle,

queste due letture dall’Antico Testamento e dal Nuovo Testamento sono tali da farci meditare sul rapporto fra due persone che hanno illustrato Firenze e tutta la nostra zona. Mi riferisco naturalmente a don Divo Barsotti e a Giorgio La Pira. Ho già rammentato La Pira all’inizio di questa celebrazione perché si deve a lui il fatto che don Barsotti dalla diocesi di San Miniato sia passato a Firenze. Firenze, che è stato l’ambiente ecclesiale e civile dove è cresciuta la sua voce di sacerdote, la sua illuminazione nei confronti di tante persone e la sua fecondità spirituale ed apostolica.

Leggendo la prima lettura, dal profeta Michea – uno dei profeti classici, su per giù del tempo di Isaia e di Osea -, si potrebbe dire che questa pagina sarebbe stata molto cara a La Pira. In questa pagina, infatti, il profeta Michea, che parla in nome di Dio nell’ambito della Giudea, insegna quella che potremmo chiamare oggi l’etica sociale, la dottrina sociale e morale della Chiesa:  l’insegnamento che viene da Dio tramite la Chiesa, e che riguarda le relazioni nell’ambito della società umana, a livello locale e a livello globale. Michea, come abbiamo ascoltato, ha scritto qui una pagina molto severa nei confronti di coloro che, approfittando del loro potere, potere economico-sociale più che politico, spadroneggiavano sui poveri e li umiliavano. “Ascoltate dunque ciò che dice il Signore: «Su, fa’ lite con i monti e i colli ascoltino la tua voce!  Ascoltate, o monti, il processo del Signore…»” (Mi 6, 1-2). Una pagina sul processo di Dio a coloro che sono gli accaparratori della ricchezza ingiusta e, ingiusti loro, profittano del loro potere. Non si contentano di essere in alto nella società ma vogliono schiacciare, rendere sempre più bassi, sfruttandoli, coloro che non hanno nulla: i poveri. Leone XIII li avrebbe chiamati i ‘proletari’, coloro che hanno per loro solo la prole, non hanno altro.

“«Ascoltate, o monti, il processo del Signore […] perché il Signore è in lite con il suo popolo,” –  col suo popolo, non con gli altri! – “e intenta causa con Israele. Popolo mio, che cosa ti ho fatto?»” (Mi 6 2-3). Queste parole noi le ascoltiamo e riascoltiamo durante la Settimana Santa. “«In che cosa ti ho stancato, ti ho deluso? Rispondimi.  Forse perché ti ho fatto uscire dall’Egitto,  ti ho riscattato dalla casa di schiavitù e ho mandato davanti a te Mosè, Aronne e Maria?»  […] Mi presenterò a lui con olocausti, con vitelli di un anno?  Gradirà il Signore le migliaia di montoni e torrenti di olio a miriadi? Gli offrirò forse il mio primogenito per la mia colpa, il frutto delle mie viscere, per il mio peccato? Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono, ciò che richiede il Signore da te.” (Mi 6, 3-8) Cosa? Che cosa richiede il Signore da te, popolo del Signore? Da te,  persona credente, da te, comunità credente, che cosa ti richiede? Nel mondo, nella società, in mezzo alle genti, che cosa ti richiede perché tu ti distingua? “Praticare la giustizia, amare la pietà e camminare umilmente con il tuo Dio” (Mi 6, 8). Non l’accaparramento di beni su beni, non tutto quello che ti fa comodo per la tua vita, per il tuo onore, per la tua sazietà temporale. Pratica la giustizia! Di quale giustizia si parla? Evidentemente qui intende la giustizia nei rapporti sociali, tra il popolo. Non umiliare i deboli, i poveri ma aiutarli, promuoverne la vita. Considerarli persone umane da liberare dai pesi ingiusti che portano, frutto della cattiveria e dell’egoismo dei più potenti, di coloro che hanno e vorrebbero avere ancora di più. Noi, a questo proposito, potremmo ricordare anche la legge del giubileo in Israele.

Si capisce come questi testi di Isaia, di Geremia, di Michea, di Amos, siano considerati dei testi basilari per la dottrina sociale della Chiesa per l’indicazione del dovere e dell’esigenza della giustizia, dei vari tipi di giustizia, che praticamente coincide con la liberazione dai pesi gravosi e ingiusti che pesano sulle spalle della povera gente, a livello locale e a livello globale.

Queste parole, questi messaggi sono attualissimi, lo sappiamo bene! E sono stati particolarmente cari, appunto, ad una persona come Giorgio La Pira. Ma erano cari anche a don Divo Barsotti; a parte alcune piccole incomprensioni verso, si potrebbe dire,  l’eccessiva sfiducia nel progresso del mondo e nella speranza che poteva connotare, in qualche modo, l’apostolato di La Pira, il suo pensiero. Lui vedeva nel futuro splendore, novità, gloria di Dio, liberazione dei poveri, pace sulla terra, fino a sfiorare quella che don Barsotti diceva essere un po’ una pericolosa tendenza millenarista, come  se ci fosse preparato sulla terra, nella storia umana del nostro futuro,  un millennio di pace e di giustizia. E Barsotti a ripetere che non si dovevano coltivare queste eccessive fiducie come se il peccato non ci fosse più nel mondo. Ma Barsotti coincideva con La Pira quando si trattava di difendere la povera gente.

Questa pagina che chiamerei “lapiriana” per certi aspetti è anche “barsottiana”, nel senso che egli ha assolutamente condiviso la predicazione della liberazione dei poveri dagli ingiusti perché si affermasse una società la più giusta e più fraterna possibile; e perché? Perché corrispondente al volere di Dio, alla giustizia di Dio. La giustizia umana è tale, è veramente realizzabile ed è da realizzare perché è la giustizia di Dio: questa è la nota fondamentale di don Barsotti. Ma era la stessa nota fondamentale di La Pira. Anche La Pira vedeva il programma di giustizia, di liberazione, di fraternità nel mondo, nel mondo dei rapporti sociali e nei rapporti fra le nazioni, in nome di Dio, in nome di Cristo, in nome dei profeti, dei profeti di Dio, di Israele e degli apostoli di Cristo. Non c’era contrasto. Mai c’è stato contrasto, da questo punto di vista, tra il La Pira liberatore dei poveri, propagatore della giustizia e della pace nel mondo, e il Barsotti che viveva la vocazione di custodire, di far capire alla gente, ai cristiani, alla Chiesa anzitutto, la giustizia di Dio. E praticamente cosa è la giustizia di Dio? Il progetto di Dio per un’umanità giusta e fraterna. Ma per un’umanità non solo giusta e fraterna nei rapporti fra persona e persona, fra gruppo e gruppo, fra nazione e nazione, ma giusta e fraterna perché fondata sull’essere figlioli di Dio tutti, tutti! La giustizia di Dio è il piano di Dio per il bene dei suoi figlioli nel mondo, basato sulla loro condizione radicale di essere figlioli di Dio, quindi fratelli fra di loro. Il primato di Dio: ecco la giustizia particolarmente sottolineata da don Barsotti.

Il primato di Dio! Non ci si avventuri a compiere dei sogni terrestri sulla base dell’ateismo o sulla base di una dimenticanza, di un’emarginazione più o meno non teoretica ma pratica di Dio dal consorzio umano, dai dibattiti sociali, perché tutto quello che è a favore della vita umana, della fraternità umana, della giustizia umana, del benessere umano sulla terra, è basato sul volere supremo di Dio. La giustizia di Dio è il progetto di Dio per tutti i suoi figli nel mondo, progetto di Dio che trova il suo compimento nell’amicizia di ciascuno di loro, dei suoi figlioli nel mondo con Lui, nell’amore di Lui, nella recezione dell’amore di Lui verso di loro e nell’espressione dell’amore di loro verso di Lui, che porta con sé la conseguenza dell’amore fraterno fra di noi.

C’è una coincidenza in questo, fra la giustizia tra gli uomini concepita e favorita da La Pira e la giustizia di Dio che era tanto cara a don Barsotti, ma al tempo stesso allo stesso La Pira. Tutta la predicazione di La Pira in qualche maniera, se si leggono le sue pagine, era sempre nell’ambito della sua visione del progetto divino sulla storia umana, sulla società umana. E questo è lo specifico di Barsotti. Qual è lo specifico di Barsotti, se si leggono bene le sue pagine, se ricordiamo le parole che abbiamo ascoltato da lui, la sua passione profetica? Qual è il suo specifico? Non anzitutto, certo, la giustizia terrena ma anzitutto la giustizia di Dio, ma intesa come diritti di Dio per noi e doveri fondamentali nostri nel riconoscere anzitutto Dio origine della nostra vita, padre della nostra vita, salvatore della nostra vita. E nel riconoscere che solo da questa base, da questo fondamento deriva la giustizia tra i fratelli, la giustizia tra i figli di Dio nel mondo. E anche nel corso della loro storia terrena, per quanto battuta dal male, neppure don Barsotti si rassegnava alla miseria ingiusta del mondo; come La Pira. Ma don Barsotti ha particolarmente messo in risalto la giustizia di Dio, il primato della giustizia di Dio, concepita come suo progetto riguardante i suoi figlioli, da cui promana anche il progetto di una sistemazione fraterna, pacifica dei suoi figlioli nel mondo.

Ecco, allora, la pagina del Vangelo di Matteo, che ci parla, appunto, di Gesù. Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo affidando a noi la parola della riconciliazione, che è anzitutto riconciliazione di noi con Dio attraverso Cristo, il riconciliatore, il salvatore. I farisei, dice il Vangelo di Matteo al capitolo 12, tennero consiglio contro Gesù per farlo morire; perché? Perché aveva esercitato il suo ministero secondo il suo programma esposto a Nazaret di realizzare un giubileo liberante per tutti i figli di Dio oppressi nel mondo dai dolori, dalle ingiustizie, dalle cattiverie. E  allora, Lui che guarisce nel giorno di sabato, Lui che permette ai suoi discepoli di cogliere un po’ di spighe di grano da mangiare quando hanno fame, Lui che fa capire la relatività della legge mosaica e anche di tutte le leggi che ne conseguivano, perché il sabato vero è anzitutto la cura dell’uomo e non l’osservanza di alcune disposizioni. Si osservano certe disposizioni perché servono, sono relazionate alla cura dell’uomo, alla cura della vita umana, alla sua serenità, alla sua gioia, alla sua pace. E così Gesù è visto come il Servo; qui Matteo cita Isaia: “Ecco il mio servo che ho scelto; il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento. Porrò il mio spirito sopra di lui e annuncerà la giustizia alle nazioni” (Is 42, 1). Ma la giustizia che Gesù annuncia alle nazioni è anzitutto la  giustizia di Dio, il riconoscimento dell’unico Dio, della sovranità di Dio, della sovranità che è la gloria del mondo, della sovranità che coincide coll’estendersi dei suoi figlioli nel mondo. Non è separabile il bene umano dal riconoscimento del primato assoluto di Dio.

Questo dicono i profeti, questo dice Gesù, questo insegnava Barsotti, questo insegnava anche La Pira. Questo uomo nuovo, mite, che non spezza una canna già incrinata, non spegne una fiamma smorta perché deve far trionfare la giustizia in modo che nel suo nome possano sperare le nazioni (cfr. Is 42, 2-3). La giustizia che è insieme, appunto, volontà di Dio, progetto di Dio sulla vita e la convivenza umana da cui consegue la possibilità nel mondo di sperare, di avere una speranza di miglioramento nel mondo anche dal punto di vista terreno.

C’è una coincidenza assoluta nonostante, ripeto, alcune precisazioni e possibili incomprensioni tra i due grandi profeti che abbiamo avuto a Firenze; una coincidenza profonda nel vedere il primato della giustizia di Dio, del riconoscimento di Dio, del primato di Dio che porta conseguentemente il riconoscimento dei diritti umani, delle persone umane, dei gruppi umani, delle nazioni umane. Dobbiamo ringraziare Barsotti, dobbiamo ringraziare La Pira, perché ci hanno aiutato a penetrare più profondamente nella parola di Dio tramandata dai profeti, nella parola di Dio che ha trovato la sua completezza nella profezia e nell’atteggiamento di Gesù.

La giustizia di Dio in Gesù avrà il suo culmine: quando, fratelli e sorelle? Sulla croce! Quando egli si sottopone a quell’umiliazione, a quelle torture, a quel regno del male. Vi entra dentro non per restarvi prigioniero ma per sfondarlo e superarlo; e con la sua morte e la sua resurrezione e il dono dello Spirito far entrare nel mondo, appunto, lo spirito divino che riporta le persone al contatto con Dio, alla comunicazione con Dio e alla comunicazione fra loro. Grazie a Dio! Grazie a Dio!

Io credo che la più grande lezione di don Barsotti è proprio questa. Attraverso tutti i suoi commenti biblici, attraverso le sue contemplazioni e meditazioni profonde, attraverso la passione che metteva nel parlare che talvolta scuoteva le coscienze, la passione profetica di don Barsotti. La ricordiamo sempre espressa talvolta in un linguaggio molto calmo, molto mite, ma talvolta in uscite appassionate, forti, perché ci si ricordasse, appunto, del primato assoluto di Dio e del suo amore per noi e del dovere nostro di riamarlo, da cui provengono tutti i beni della terra.

Ringraziamo il Signore di avere avuto questo sacerdote, della fecondità che questo sacerdote ha sprigionato da sé perché unito al Signore. Quanta grazia ha diffuso, quanta luce ha acceso, quanta conversione ha suscitato, quanto movimento spirituale – i figli di Dio – ha favorito nella sua vita, nel suo ministero vario, nella sua vita abbastanza lunga dominata, nella libertà e nella consapevolezza più bella, da questa passione per Iddio e il suo primato assoluto! Benedetto e  distributore di benedizioni in mezzo al mondo. Allora, mentre noi ringraziamo il Signore del sacerdozio così fecondo, e voi ne siete la testimonianza più eloquente, di don Barsotti, esprimiamo anche noi il desiderio di essere persone che vivono tutti i giorni, momento per momento, sotto lo sguardo sovrano del Signore, sotto lo sguardo benedicente del Signore, sotto la sua misericordia. Perché alla fine la giustizia di Dio, come dicevo, si manifesta nella croce di Gesù, ma particolarmente in quelle parole straordinarie che sono: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23, 34). Non è la giustizia punitiva nei confronti dei suoi nemici, di coloro che lo stanno sbeffeggiando dopo averlo torturato e giudicato, processato e condannato. La giustizia di Dio si manifesta nell’espressione della sua infinita misericordia. Addirittura, con quelle parole li sta quasi scusando Gesù: «Padre, perdona loro perché non vedono nulla, son ciechi, non sanno quello che fanno. Perdonali, Signore!». Questa è la giustizia suprema di Dio. La giustizia predicata dai profeti è incipiente nei confronti della manifestazione della rivelazione della giustizia di Dio che Gesù ha supremamente vissuto riassumendo tutta la sua vita e tutto il suo apostolato in quelle parole dette dall’alto della croce.

Ci aiuti, il Signore, ad essere giusti come il Signore ci vuole e a riconoscere la giustizia di Dio che coincide con il suo amore misericordioso.