Per me, parlo di Divo Barsotti, Casa San Sergio o è il centro del mondo o non è nulla, e non c’è altro centro per me che questo luogo dove mi sono incontrato con Dio, dove io vivo giorno per giorno in unione con Lui. Non vi può essere un altro luogo per me più sacro di queste pietre, di questo cielo, di questi alberi: qui Dio si è incontrato con me.
Il mio spirito che ha conosciuto Dio, non è uno spirito disincarnato, non è uno spirito disincarnato la mia anima, la stessa che ha vissuto una certa esperienza religiosa. La mia esperienza religiosa è legata a un luogo: a questo paesaggio così dolce e a quello così aspro di Palaia, è legata a questi alberi, i cipressi, gli ulivi, è legata a queste pietre… o altrimenti io non sono (…).
Ecco, miei cari fratelli, non possiamo separarci. Ogni separazione è separazione dal Cristo. L’incarnazione sembra un atto minimo, ma è un atto che in sé, in potenza, implica la salvezza di tutto l’universo, la salvezza di ogni luogo, di ogni tempo, di ogni cultura, di ogni razza, la salvezza di tutto. Non è l’anima che si salva. Come è sbagliata la concezione riportata fino ad ora sulla salvezza delle anime! Certo, l’anima nostra si salva, ma con la nostra anima si salva tutto il mondo, tutto l’universo. Può separarsi l’esperienza religiosa umana dal cielo, dal paesaggio nel quale si vive? Se fate questo distruggete veramente ogni esperienza religiosa.
(…) Rendiamoci conto che la salvezza è la salvezza di tutto l’uomo. Ma allora noi dobbiamo anche venerare e dare un’importanza decisiva alla città in cui abitiamo e al luogo dove viviamo. Non è indifferente per noi tutto questo. E se Dio ci ha voluto qui, ha voluto che attraverso di noi questo luogo fosse salvato. Noi non siamo piovuti dal cielo, siamo il prodotto di questa terra; «terra dedit fructum suum» (Sal 66, 7). Anche Nostro Signore è il frutto di tutta la terra, ma io sono il frutto di questa terra: sarò sempre un toscano. Devo essere fedele alle mie origini, al luogo di nascita nel quale sono apparso sulla terra; debbo sentire che la mia missione è salvare prima di tutto, con me stesso, ogni luogo che ho abitato, questo tempo che ho vissuto, le persone che ho incontrato. (…) Siamo quaggiù nel mondo non per salvare la nostra anima sciolta da tutto, ma per salvare noi stessi e con noi stessi questo mondo che è più o meno legato a noi. (…) Nella mia salvezza si salva ogni luogo nel quale sono passato, si salvano tutte le persone che ho incontrato per via perché l’incontro con ogni persona ha un valore di eternità. Noi troppo spesso viviamo senza mai realizzare la grandezza di questo rapporto, che implica per noi una missione di salvezza nei riguardi degli uomini che si incontrano con noi, nei confronti dei luoghi nei quali abitiamo, per i quali passiamo, nei quali soffriamo anche solo per qualche giorno; missione di salvezza per ogni avvenimento, per ogni evento della nostra vita, per tutto. Quale impresa, miei cari fratelli! Non si tratta di salvare soltanto la nostra anima! E allora rendetevi conto come dobbiamo amare ogni cosa (…).
Noi molto spesso viviamo una vita di evasione, ci pesa il vivere tutti i rapporti umani, ci pesa il vivere tutti gli avvenimenti; ci si restringe a vivere una piccola vita, si soffoca dentro questo spazio, nel quale noi ci angustiamo e ci leghiamo… Non soffochiamoci!
Ritiro a Firenze del 18 dicembre 1988