La vita monastica implica un rapporto costante col mondo di natura. Per questo i monaci scelgono i monti o le valli, le foreste o i deserti, vivono sulle rive dei fiumi. Carlo de Foucauld insegna l’importanza che ha avuto nella sua vita religiosa il deserto. Nulla può sostituire per la vita contemplativa questo rapporto umile con una creazione che ancora parla di Dio.
Dobbiamo imparare di nuovo a gustare le cose, dobbiamo imparare di nuovo a meravigliarci, ad aprirci allo stupore dinanzi alla bellezza del mondo, dinanzi al silenzio dei cieli, dinanzi alla vastità dei mari, dinanzi all’umiltà del bambino, dinanzi a tutto quello che è puro. È necessario impararlo di nuovo.
Capisco quanto sia difficile per molti che vivono nelle città, vanno all’ufficio. La vita monastica implica il ritorno dell’uomo a un contatto più verginale con le cose. Bisogna che non si ottunda in noi il senso del sacro; bisogna che siamo sollecitati continuamente a un incontro con Dio attraverso tutte le cose, con un Dio che è bellezza più grande dei cieli, con un Dio che è vastità più grande dei mari, ed è luce più pura del giorno, ed è notte più fonda di ogni notte, ed è stabilità più ferma della roccia. Non sono questi i nomi di Dio? Egli è la Roccia, Egli è il Fuoco, Egli è la Montagna, Egli è il Cielo. Non perché il mare, il cielo, non perché il fuoco si identifichino con Dio, ma perché nel fuoco, nella luce, nel mare io non incontro che Lui.
Attraverso tutte le cose la mia comunione è con Dio che attraverso tutte le cose si rivela e si comunica a me. Non dobbiamo lasciarci prendere dalla fretta, dobbiamo saper gustare le cose. Rimandiamo sempre al minuto che sopravviene all’incontro. Hai da andare a far la Comunione? Ma intanto guarda il cielo com’è bello: è già questa una comunione con Dio. Hai da andare a fare scuola? Devi prendere il treno, il biglietto? Fermati un istante a guardare com’è bello il mare!
Non lasciamoci prendere dalle cose, non ci lasciamo usare dalle cose. Sappiamo invece mantenerci in umile attenzione perché le cose possano parlarci così come dice il salmo: “I cieli narrano la gloria di Dio”. Non soltanto i cieli, ma anche i monti, il mare, anche l’uomo: tutte quante le cose!
Nel mio contatto con tutto, nel mio incontro con le cose io debbo incontrarmi con Lui, che attraverso tutto mi viene incontro. Certo, questo incontro è un incontro reale ma nell’oscurità più fonda. Io non vedo il Suo volto; ho il presentimento soltanto di una Sua presenza, di una Sua realtà, che non somiglia alle cose, e pur tuttavia le cose mi fanno presente. Sappiamo attendere e gustare: la nostra anima ritorni verginale. Finché non ritorniamo ad essere capaci di questa gioia che è lo stupore di fronte alla bellezza, noi non riusciremo a essere veramente delle anime che vivono in una comunione costante con Dio.
Verso la visione, Edizione Morcelliana 1964, pp. 50-51