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Abbiamo detto che nella Comunità ci siamo impegnati a vivere una vita di preghiera. Però non ci siamo impegnati a dire tante preghiere, tanti esercizi di pietà. Vi ho detto che vi posso anche dispensare da tutto nella misura che questo non è un mezzo necessario al progresso della vostra vita spirituale, ma non posso dispensarvi dal fatto che la vostra vita divenga una vita di preghiera. Allora la cosa importante, per vivere questa preghiera, è che nasca in voi il desiderio. E sono molto contento quando mi dite che non sentite Dio e che Dio è per voi come se non fosse. Vi ho già detto prima: voi non avreste questo sentimento dell’assenza se nel vostro spirito non ci fosse già la presenza di Dio. È proprio il fatto di averlo in qualche modo conosciuto non psicologicamente, ma spiritualmente che la vostra anima aspira a Lui, sente il suo vuoto, sente la mancanza di Dio. Questo sentimento dell’assenza è il segno positivo di una presenza.

Quando mi dite che avete tante esperienze interiori, io ci credo e non ci credo; potete benissimo scambiare i vostri sentimenti con il senso della divina Presenza nel modo positivo. Invece non si sbaglia mai quando c’è in noi questa fame, questo bisogno di Dio e non lo sentiamo. Per questo io sono contento quando voi vivete in questa desolazione, in questa povertà. Se però me lo dite così tranquillamente, contente della vostra piccola mediocrità, allora no di certo, allora è come il non sentirlo dei dannati: vivreste la vostra condanna come se Dio non vi importasse più e il mondo di quaggiù fosse tutta la vostra vita. Ma quando le cose presenti non vi dicono nulla, non possono legare il vostro spirito, non possono legare la vostra anima, vi sentite come esuli; vi sentire come stranieri in un mondo non vostro, allora sì che tutto va bene, perché quaggiù non siamo in paradiso.

Di qui ne deriva che per noi la certezza maggiore di una vita spirituale è più la desolazione interiore, il sentimento dell’assenza di Dio, questo tormento di cercarlo e di non trovarlo quasi Egli non fosse, piuttosto che il sentimento della dolcezza e della pace. Questi sentimenti possono esserci, ma non vi danno sicurezza; hanno sempre in sé un carattere di ambiguità, e di fatto è esperienza psicologica. Come fai tu a sapere se è veramente Dio? Solo quando siamo nell’estasi. Allora può esserci veramente il carattere positivo di una presenza divina senza errori.

Bisogna veramente che la vostra vita spirituale implichi un tormento per il desiderio di essere con tutto l’essere vostro nel cielo, in una visione di Dio, in un possesso di Dio definitivo. Fintanto che non c’è il tormento non c’è Dio, perché allora vuol dire che vi adattate al vostro vivere presente. Ecco perché l’espressione più vera della vita spirituale la esprime santa Teresa con le parole: «Muoio perché non muoio!»; fintanto che non si arriva a questo, noi giochiamo, non viviamo in modo pieno questo desiderio di Dio che diviene tutta la vita.

Ritiro a Firenze, 16 ottobre 1977