Cappella di Casa San Sergio
Sulla parete esterne della cappella un rilievo in terracotta, opera dell’artista milanese Nicola Sebastio, rappresenta san Sergio di Radonez (1314-1392), patrono della Russia, cui è dedicata la chiesa.
È in atteggiamento estatico, minuscolo sotto l’irradiare della Trinità tuttasanta, che pure non lo schiaccia e lo attira a Sé rendendolo leggere. La spiritualità russa tende a librare lo spirito in una regione “solare” (si pensi agli ori delle icone), al di sopra delle angustianti dissonanze della materia.
Ed è tipicamente orientale l’atteggiamento del santo, che fa pensare a Davide danzante davanti all’Arca santa (2Sam 6, 12). Del resto, di fronte alla Trinità l’atteggiamento della gioia e della meraviglia non è il più naturale e logico?
Sotto il rilievo si leggono alcune frasi del Cantico di san Sergio:
[…] Tutta l’immensità, l’Unità che tutto trascende
Lo Spirito Santo è:
Il Dono che dall’abisso s’effonde e penetra tutto […] e tutto in una luce trasforma.
Ma la creazione fisica si riassume nell’uomo; e Dio, rispettando la libertà dell’uomo, lo sollecita ad una collaborazione. La più autentica cooperazione dell’uomo all’agire divino è la sua passività di fronte a Lui. L’uomo diventa strumento e dimora della Divinità. Scomparendo dell’umiltà, l’uomo non pretende più ammirazione, lode, amore da parte degli uomini. L’anima vive solo la vita e la luce divina:
[…] Nessun uomo, nessuna creatura,
nulla nel cielo e sopra la terra ti adori più […] Illuminato dallo Spirito, battezzato nel fuoco, chiunque tu sia […] tu sei trono di Dio, sei la dimora, sei lo strumento, sei la lice della Divinità […]
In questa umiltà totale della creatura Dio, che la riveste così da trasfigurarla totalmente in Sé, fa ognuno di noi Dio: Dio in Dio.
All’ingresso della cappella, ci accoglie la Vergine Nicopeia.
L’icona originale della Vergine Nicopeia (“Operatrice di vittorie”) è una antichissima icona bizantina portata da Costantinopoli a Venezia nei primi anni del 1200; attualmente troneggia in una cappella laterale della basilica di San Marco. Al centro delle tre croci disposte sul capo e sulle spalle della Madre di Dio, evocanti la sua verginità prima, durante e dopo il parto, sono incastonate tre piccole pietre preziose – un brillante, un rubino, uno zaffiro + simboli delle virtù teologali di cui ella su ripiena in sommo grado.
All’interno della cappella
Alla sinistra dell’altare, sulla parete di fondo, i tre simboli della SS. Trinità: la mano creatrice e benedicente del Padre, il pesce (IXTHYC in greco) simbolo del Figlio (le cinque lettere greche formano un acròstico: lesùs Christòs Theòu Uiòs Sotèr = Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore), la colomba, simbolo dello Spirito Santo.
L’altare è sovrastato da una Croce gloriosa.
Cristo si stacca dalla croce, come già risorto, in dolce atteggiamento di accoglienza. Si ricordino le croci dell’antichità, nelle quali Cristo era rappresentato si crocifisso ma in atteggiamento e vesti regali. “Quando sarò innalzato, attirerò tutti a me” (Gv 12, 32). Cristo è il centro dell’universo: verso di Lui convergono Cielo e terra.
Lo Spirito Santo, inviato dal Padre, si libra sul Cristo sotto forma di colomba. Gli uomini, attratti da Lui, salgono in massa lungo il braccio verticale della croce.
La creazione materiale, rappresentata dagli astri e dalle ruote celesti sul braccio trasversale, è coinvolta anch’essa nell’Atto ricapitolativo del Signore crocifisso e risorto. Nella Pasqua del Cristo, il Creatore e la creatura, Dio e l’uomo tornano a incontrarsi. È l’Evento che continuamente si copie nella Celebrazione eucaristica dell’altare di pietra sovrastato dalla Croce.
Nel Tabernacolo è stata utilizzato tutta una simbologia delle pietre preziose.
Si è voluto dare una figurazione al concetto teologico del Corpo mistico, la Chiesa, che racchiude, in una varietà vitale, il mondo delle anime e Cristo. Nella concretezza del mistico segno dell’Eucaristica, viviamo infatti l’esperienza di una mirabile sintesi di tutto il disegno divino della nostra salvezza.
Sull’anta sinistra: su una forma di pane, segnata da una croce incisa, campeggia l’Agnello immolato e risolto; una goccia rossa di corallo sul suo petto evoca la Passione redentiva, mentre la croce gemmata di quarzo azzurrino dice la Sua Risurrezione.
Sull’anta destra: è la Chiesa. La Madonna, Madre del Corpo mistico come fu già Madre del corpo fisico del Cristo, è rappresentata seduta, da Regina, quasi completamente adombrata da un grande cristallo di rocca trasparentissimo.
Tipico della spiritualità orientale è questo atteggiamento di pura trasparenza della creatura di fronte a Dio, he permette al Creatore di vivere nella creatura deificata e in lei rivelarsi.
La Chiesa in cammino nel tempo è rappresentata in una foglia di edera con una malachite verde al centro, mentre le anime purganti da una croce che ha al centro un’ametista viola. I beati del cielo dicono la loro gloria con un rubino rosso circondato da una raggiera di piccoli cristalli di quarzo.
Anche le opere che costituiscono l’arredo interno della cappella sono di Nicola Sebastio.
Nell’anticappella
Dal 18 luglio 2006 riposano le spoglie di padre Divo Barsotti, morto il 15 febbraio dello stesso anno. Sulla sua tomba, una grande icona di san Sergio di Radonez.
L’immagine si ispira a quella ricamata sul prezioso drappo funebre, risalente al 1420, che ne coprì le reliquie, e che riproduce le sembianze del santo secondo il ricordo di chi lo aveva conosciuto. Si tratta quindi di un ritratto del santo, pur nel rispetto dei canoni dell’iconografia orientale. La scritta in russo, a grandi caratteri cirillici ai lati del volto del santo, qualifica e rende vera l’icona; dice infatti: Il santo venerabile Sergio.
Lungo tutta la cornice, in crisografia, è scritta la prima parte del Cantico di san Sergio. È in italiano, in caratteri gotici, secondo un antico metodo di contrazioni, sovrapposizioni e incastri delle lettere, in modo da creare anche un gioco decorativo. La lettura parte dall’alto e procede in senso orario.
Le icone della Vergine Nicopeia e di San Sergio di Radonez sono state scritte da suor Margherita Staderini.
La vetrata
Partendo da Gv 15, la Comunità si riconosce nell’immagine evangelica della vite e dei tralci. Fondata nel Mistero trinitario – le tre radici -, essa vuole crescere per portare i frutti attesi dal Divino Agricoltore – i grappoli – dai quattro rami nei quali è strutturata – i tralci-.
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