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Il mondo si è fatto piccolo per l’uomo, non è più sconosciuto all’uomo. Tutto oggi avvicina gli uomini agli uomini: la storia, l’antropologia, ci aprono gli abissi ignorati, gli abissi oscuri di un tempo remoto che noi nemmeno sospettavamo, qualche centinaia di anni fa, che fosse mai esistito. La politica, la geografia, la tecnica presente fanno vicini a noi popoli e culture che fino ad ora erano perfettamente impenetrabili e chiuse. Pensate che cosa ha mai fatto nel nostro ‘900 la radio, la televisione, che cosa hanno fatto gli aerei; che cosa hanno fatto poi le guerre, che cosa hanno fatto i partiti politici! Tutto tende in fondo, non soltanto ad una universalizzazione della cultura, ma anche ad una unificazione degli uomini in un piano anche, direi, sociale, in un piano anche politico, in un piano anche culturale. Indubbiamente tutto questa facilita la nostra vocazione cristiana, la nostra vocazione monastica; la facilita perché rende veramente più comprensibili all’anima i nostri fratelli e più vicini a noi nel tempo, perché ci rende più disponibili a loro. Non abbiamo che da vivere questo crescere, questo progresso della scienza, della tecnica, questa universalizzazione della cultura, queste facilitazioni di comunicazione umana. Non abbiamo che da vivere tutto questo come mezzo di carità, perché tutto si compia nell’intimo nostro. Può essere curiosità ascoltare notizie di paesi remoti, può essere soltanto curiosità vana aver nozioni di antichissime età ormai sepolte nel passato, ma può essere anche richiamo all’amore; possono essere anche, tutte queste cose offerte all’uomo di oggi, uno stimolo alla sua carità, un richiamo, un aiuto e un mezzo a crescere veramente nella misura che si espandono i limiti, nella misura che questi limiti si aprono a noi. Oggi non è più soltanto il mondo umano, è il mondo anche stellare che sembra aprirsi misteriosamente alla nostra ricerca. Quale grande amore non si richiede perché tutto questo mondo che improvvisamente diviene il regno degli uomini divenga anche mondo cristiano! Come i cristiani debbono essere all’altezza del momento presente! Allargandosi il mondo, rendendosi così facile la comunicazione fra i popoli, così facile la universalizzazione della cultura, come noi cristiani sentiamo l’impegno di dare un’anima a questo mondo fatto ora più vasto! È la vocazione nostra di questo tempo, non la vocazione cristiana di ogni tempo, è la vocazione di noi chiamati più che in altri momenti a vivere l’unità della Chiesa, l’unità del mondo e dell’umanità. Più che in altri tempi alla nostra carità si apre il mondo per essere veramente ripieno del nostro amore, veramente assunto dalla nostra carità, veramente ripreso nella nostra sofferenza. Non estranei ad alcuno, noi dobbiamo essere presenti là dove l’uomo moderno è presente per portare ovunque il Signore. E portare ovunque il Signore che cosa vuol dire se non portare la sua carità? (…)

È questo il compito di noi che viviamo in questo secolo: quello di essere all’altezza del momento, quello di dare un’anima cristiana ad un mondo che via via si dilata sempre di più. E non possiamo dare un’anima cristiana che nella misura che assumiamo questo mondo nella nostra carità, nella misura che di fatto questo mondo diviene interiore all’anima che possiede l’amore.

Dal ritiro a Viareggio del 16 gennaio 1959