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Ci sono due fattori che rendono difficile a una certa età ai giovani di rispondere, almeno apparentemente, all’amore dei genitori: il primo fatto è che un giovane, arrivato a una certa età, ha per natura l’esigenza di esprimere una sua autonomia. Il giovane la esprime nei confronti dei genitori rompendo apparentemente il legame con loro. D’altra parte il giovane, per vivere una vita religiosa, ha bisogno di una sua conversione. Non si nasce cristiani, si diviene cristiani; non è un fatto naturale l’esser cristiani. La vita cristiana in senso personale suppone in tutti una conversione. Anche in quei pochissimi casi che sembrano fare eccezione si può riconoscere una certa conversione nel passaggio da una religione ricevuta col sangue nella famiglia a una religione personale. Che cosa avviene nei giovani a 20 anni, oggi specialmente? Si rifiuta il fatto religioso, si rifiuta la Chiesa; ma anche questo è un fatto, direi, istintivo e naturale. Per molti non è il rifiuto della Chiesa, ma soltanto delle pratiche, di queste preghiere da beghine imposte loro dai genitori. Il giovane sente l’esigenza di incontrarsi da se stesso con Dio. Perciò bisogna pregare perché il Signore si manifesti a loro, senza pretendere di imporglielo; nella misura che tu glielo vuoi imporre, lui si ribella. Deve avere una sua vita religiosa personale, il giovane.

L’amore che voi dovete avere verso i vostri figli deve essere come l’amore stesso di Dio, che è discreto, umile e paziente. Questo perché è naturale ma anche necessario che siano loro a scoprire il volto del Cristo, e tu tanto più li aiuterai quanto più darai loro l’esempio di una vita religiosa nella pazienza, nell’umiltà. Fiducia assoluta! Non si può imporre Dio, perché Dio vive nel cuore; è dall’intimo che sorge. Fintanto che il bambino è puramente passivo nei confronti dei genitori, si capisce che rimanga fedele alle pratiche, voglia andare in chiesa, ma ad un certo momento cambia: ecco allora il compito dei sacerdoti e dei genitori di rivelargli Dio. Se questi preti non diventano un po’ più santi è un disastro, perché come rigettano le prediche dei genitori, così rigettano tanto più le prediche del parroco; ma invece non possono rigettare mai l’esempio di una vita santa, la rivelazione che di Dio dà con la sua dolcezza e umiltà un vero testimone di Dio.

(…) I vostri figli non devono fare più passivamente la vostra volontà, perché altrimenti rimangono sempre dei bambocci. Devono incontrare personalmente il Signore e perché questo incontro possa avvenire a volte è necessario che si sottraggano alla vostra tutela. La vita di fede è eminentemente personale. La vita religiosa non si impone; cresce dall’intimo.

Voi padri e madri di famiglia, nei primi tempi quando sono ancora bambini e non sono capaci di una vita religiosa personale, dovete certamente aiutarli a scoprirla insegnando loro a pregare con l’esempio e con la parola, inducendoli lentamente nel piano cristiano. Ma ad un certo momento sono essi che devono scoprire il volto di Dio; ad un certo momento la vostra funzione tanto più sarà efficace quanto più sarà discreta e quanto più si fonderà sulla preghiera e sull’esempio. Sulla preghiera, perché nulla sostituisce la preghiera. Ricordatevelo! Voi avete dato la vita ai figli, ma secondo la dottrina cattolica la loro anima è stata creata immediatamente da Dio. Perciò i vostri figli non sono totalmente vostri nemmeno in quanto creature viventi e tanto meno in quanto sono cristiani e vivono una vita soprannaturale. Nella vita soprannaturale essi dipendono essenzialmente da Dio e voi non potete far altro che pregare perché questa loro unione con Dio divenga sempre più personale.

Bisogna che Dio stesso si riveli loro, bisogna che Dio entri nella loro anima e agisca nel loro cuore.

Esercizi spirituali a La Verna, 3-10 agosto 1980