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Miei cari fratelli, nelle nostre Costituzioni vi è un comma che ci parla dell’amore del prossimo. Oggi tutti i movimenti, tutte le congregazioni parlano dell’amore del prossimo, dicendo che si deve fare questo e quello e si è dimenticato che l’amore di Dio si rivela nel modo più alto proprio nel morire per i peccatori, nella morte per il peccato del mondo. Il nostro amore per il prossimo – ecco il punto specifico della Comunità – consiste soprattutto nell’intercessione; non esclude tutte le altre forme dell’amore, ma include soprattutto l’intercessione per i peccatori. Come Silvano del Monte Athos, noi dobbiamo sentirci impegnati a pregare per coloro che perseguitano la Chiesa, per coloro che ci umiliano, per coloro che ci calpestano; per coloro che calpestano Dio, per coloro che bestemmiano Dio, per coloro che fanno il male del mondo. Il mondo per questi uomini è sotto la minaccia di essere distrutto; siamo arrivati a tal punto che non c’è più sicurezza. Siamo veramente smarriti e sgomenti perché il male oggi sembra avere ogni potere; ci troviamo realmente di fronte alla possibilità di essere distrutti. E noi dobbiamo pregare per loro e dobbiamo sentirci fratelli di questi! E dobbiamo donare la nostra vita per loro, perché essi siano salvi.

Tutto questo lo possiamo fare soltanto con la preghiera, perché questi uomini non hanno bisogno di altro: il nostro amore non si può manifestare altro che in una preghiera vera, perché non vi è altro modo per prendere sopra di noi il loro peccato. Essi ci possono calunniare, ci possono perseguitare, ma dipende da loro; noi non possiamo provocare il loro male. Fintanto che noi non siamo chiamati a sopportare le loro persecuzioni, noi non abbiamo altro mezzo di vivere il nostro amore per loro che in una preghiera umile ma piena di amore, che ottenga per tutti il perdono di Dio. Certo questo perdono implica prima di ogni altra cosa la grazia della loro conversione. È evidente questo, ma non dobbiamo amarli in quanto si possono convertire, ma in quanto ora sono peccatori ed hanno bisogno di più della nostra offerta d’amore. Quando si saranno convertiti sarà facile amarli, perché ci sentiremo uno con loro nei nostri sentimenti; è nella misura invece che sono ora nel peccato che il nostro amore deve essere reale, deve essere concreto, deve offrire qualcosa a Dio, perché essi con noi siano salvi.

(…) Avete capito cos’è l’amore del prossimo? Si tratta di qualche cosa che trascende ogni nostro pensiero, di qualche cosa che è superiore a tutti i poteri dell’uomo. Notate che nei primi due secoli cristiani quello che distingue la morale cristiana nella Didachè, nello Pseudo–Barnaba, nel Dialogo con Trifone e nelle Apologie di san Giustino, in sant’Ireneo, in tutti i Padri della Chiesa, quello che distingue il Cristianesimo non è l’amore del prossimo, ma l’amore dei nemici, perché il prossimo non è dato ora dal legame del sangue o dalla razza o dalla stessa religione: la prossimità la fa il tuo amore. È prossimo per te colui che tu ami; allora siccome tu ami universalmente tutti, tutti sono tuo prossimo, tutti sono tuoi fratelli. Sono tuoi fratelli i terroristi, è tuo fratello l’assassino di tua moglie, come è tuo fratello colui che perseguita la Chiesa. È il tuo amore che fa la prossimità. È l’amore di Dio che non soltanto ha fatto prossimo del Cristo ogni uomo, ma l’ha fatto suo fratello, suo corpo, suo sangue, l’ha fatto uno con Lui. Certo, rimane da parte delle singole persone il consenso ad essere amate, ma in atto primo il Cristo ha perdonato già tutti, tutti ha salvato e ha fatto uno con sé.

Sentirci amati da questo amore che supera ogni abisso di colpa, che vince tutte le nostre resistenze; abbandonarci a questo amore, ma anche sapere amare come ha amato Gesù! Ecco quello a cui ci chiama la Comunità. Ed è un comma delle nostre Costituzioni: l’intercessione. Ci siamo tutti dati a Dio come vittime per il peccato del mondo, ci siamo offerti come Gesù sopra l’altare perché la nostra vita paghi il peccato degli uomini.

Esercizi spirituali a La Verna, 6 agosto 1980