Da anni introvabile per il rapido esaurimento delle prime due edizioni curate dalla Messaggero, è stato finalmente ripubblicato dalle Edizioni San Paolo il libro Dostoevskij. La passione per Cristo, con una pregevole premessa di Sergio Givone. Scriveva don Divo Barsotti nel suo diario del 1989 (Fissi gli occhi nel sole): “Avrò la possibilità di soddisfare il mio debito?… Avrò il tempo e la forza di scrivere il libro?”.
L’età stava avanzando, le forze declinando ed egli giustamente si chiedeva se ce l’avrebbe fatta a scrivere… “il libro”. Alla fine Barsotti è riuscito a soddisfare il suo debito e ha ricevuto da Dio quella forza e quel tempo che gli erano necessari a portare a termine l’impresa: e così nel 1996 “il libro” è arrivato.
Barsotti nei diari parla di un “debito”, di un “dovere di riconoscenza” nei confronti del grande scrittore russo. La sostanza di questo debito è tutta racchiusa nel titolo del libro, come Barsotti stesso ha più volte sottolineato. Nelle prime pagine dell’introduzione leggiamo a tale proposito: “L’opera di Dostoevskij è stata per me un messaggio e mi ha svegliato dal sonno (…). Forse è la sua passione per Cristo che mi svegliò dal sonno, come non mi aveva svegliato né la visione della Provvidenza in Manzoni, né la teologia di Dante”.
Questo risveglio dal sonno è stato senza dubbio il momento decisivo della sua conversione al ‘vero’ cristianesimo, una svolta che lo convinse a rimanere in seminario, vincendo definitivamente le tentazioni di abbandono che da diverso tempo lo spingevano a lasciare un cristianesimo “vissuto spesso così stupidamente, tante volte così povero, così anemico” come gli veniva insegnato. “Assai più che i trattati teologici”, come egli stesso ha rivelato, è stata dunque la lettura dei romanzi di Dostoevskij a far sì che gli fosse definitivamente e irrimediabilmente “preso dalla passione per Cristo”. Da questo incontro col romanziere russo si sviluppò poi rapidamente il suo vivo interesse verso i santi e mistici russi e altri autori come Solov’ëv e Berdjaev che gli fecero progressivamente scoprire “la profondità del cristianesimo”.
Il libro ha visto la luce solo nel 1996, quando Barsotti aveva raggiunto la veneranda età di 82 anni; si può considerare il suo ultimo grande libro che chiude il lungo arco di tempo iniziato con il suo primo volume pubblicato, Cristianesimo russo, del 1948 (riedito nel 2017 sempre dalla San Paolo, con un’ampia introduzione firmata da Adriano Dell’Asta). È un testo denso, frutto di un lungo e intenso lavoro, che raccoglie le riflessioni di tutta una vita, sparse nei diari e nella predicazione e talvolta raccolte in qualche breve saggio e conferenza. È un libro che si concentra soprattutto sugli ultimi 5 grandi romanzi di Dostoevskij (da Delitto e Castigo a I fratelli Karamazov) e che offre al lettore l’opportunità di sviscerare lo spessore cristiano dei grandiosi personaggi e delle avvincenti e drammatiche trame dostoevskiane. La speranza è che la lettura delle pagine di Barsotti dia la possibilità agli uomini della nostra generazione di un nuovo avvicinamento al genio di Dostoevskij, memori di quanto scrisse Cesare Pavese nel suo diario del 1938 (“Cristo e Dostoevskij: tutto il resto sono balle”), e magari – per grazia di Dio – arrivare a vivere un incontro decisivo come quello di Barsotti, il quale un giorno non ha avuto timore di confidare ai suoi figli spirituali: «Mi sono convertito perché ho letto Dostoevskij, e se non leggevo Dostoevskij a quest’ora non ero prete, ve lo dico schiettamente; a quest’ora sarei stato scrittore, poeta, quello che volete, ma non prete e forse nemmeno cristiano».