Dio non ci chiede che questo: che noi veramente crediamo. Non è certo una cosa facile credere a questo amore, perché siamo sempre portati naturalmente a pensare che l’amore sia interessato, non sia un amore gratuito quello di Dio. Vorremmo giustificare Dio ad amarci precisamente nel cercare in noi, nel trovare in noi qualche cosa che attiri tanta Sua benevolenza. Siccome in noi non troviamo nulla che attiri questo amore infinito, per questo ci rimane estremamente difficile credere che Egli ci ami. Ma proprio qui, appunto, è la corrispondenza nostra all’amore Suo: che noi veramente crediamo, crediamo nonostante le apparenze, crediamo nonostante le nostre difficoltà, crediamo nonostante che la nostra vita sia così scialba, così misera, nonostante che noi siamo così poveri e imperfetti. Credere: ecco l’atto supremo della nostra risposta all’amore di Dio. Perché, in fondo, grande anche nella nostra corrispondenza non può essere che Lui, e Lui è grande precisamente nell’atto della nostra fede, perché è l’atto della nostra fede che misura precisamente il dono di questo amore infinito all’anima nostra. Noi siamo grandi per quello che Egli vive in noi ed Egli vive soltanto nella capacità che offriamo a Lui di vivere in noi attraverso la nostra fede. Perché il dono di Dio non è misurato in Lui che ama; è misurato da noi che siamo amati, e la misura che offriamo a Dio è precisamente la nostra fede.
(…) Anche se noi fossimo caduti nei peggiori peccati, rimane per noi, non soltanto l’obbligo di credere, ma più che l’obbligo la gioia di dover credere all’amore di Dio, perché la gratuità dell’amore divino non si smentisce. Egli ama chiunque, Egli ama tutti, e tutti ricevono l’amore, non secondo quello che essi sono, ma secondo la fede che hanno in questo amore divino. Per questo un peccatore può essere veramente più santo di un galantuomo, di un santo, di uno che si dice comunemente santo perché magari è perfetto in tutte le sue azioni. Perché può essere più santo? È naturale: perché la santità nostra non è altro che la presenza di Dio nell’anima, e Dio non si fa presente che nella fede di colui che accoglie il dono divino. Per questo un peccatore, una peccatrice pubblica, può essere immediatamente santa se accoglie questo dono. E una che vive invece sempre nella cura meticolosa di una propria sua virtù può essere del tutto estranea alla vita divina.
Maria Maddalena (notate bene, questa è una grande verità che il Vangelo ci insegna) è colei nella quale inizia il nuovo ordine della santità dopo il peccato. E Maddalena è colei che – peccatrice – si getta ai piedi di Gesù ed è sollevata da Gesù e presentata anche al fariseo Simone come l’esempio di un’anima che ha molto amato. Immediato il passaggio, perché per essere santi non abbiamo bisogno di cinquant’anni; basta che noi accogliamo Dio, perché Lui solo è santo, perché grande non è e non rimane nell’anima che Dio, e Dio vive nell’anima nella misura che lo lasciamo vivere, che lo lasciamo entrare, nella misura che lo lasciamo venire e riempire di Sé tutto l’essere nostro.
Dal Ritiro a Venezia del 26 dicembre 1958